Accostarsi a un’opera di Vittoria Arena è un’esperienza sensibile e intima. Sensibile, lo è in senso fondativo, originario, perché i sensi tutti sono chiamati al contatto fisico con la pittura, che poche volte come qui ha potuto affermare la sua natura osmotica di materia, puro pigmento, intessuto alla tela. E il primo senso a destarsi è l’udito: la pittura di Arena si ascolta; o meglio, se ne sente il silenzio. Pittura di vento, prima che di forme. Vento che porta l’odore del paesaggio, il fumo, l’acre essenza della sua anima. Mentre le figure sono solo anima, polverizzata, carbonizzata, fissata sulla tela o sulla carta come ombre colorate, dopo l’ultima esplosione atomica. C’è Kiefer nell’inquieta presenza della Natura, ma qui tutto è riportato alla pagina esausta del muro, alla dimensione di lacerto che Burri ha segnato, ma con cui non ha mai inteso parlare di paesaggio. D’altronde è storia strana, in Occidente, quella del Paesaggio… storia violenta, spaventosa, se la pittura per quasi un millennio ha deciso risolutamente di non rappresentarlo, fino alla visione depurata, pacificata, e quasi astratta, di Ambrogio Lorenzetti. Ci sarebbe anche una certa idea di Morandi, per la forma liquida e quasi metafisica, che scansa qualsiasi aggettivazione cubista o di titolo cezanniano, se non fosse che Arena vira risolutamente verso l’apparizione, e non la contemplazione. Si supera anche l’attimo impressionista – perché comunque Monet, in quell’attimo, contemplava – di cui se qualcosa resta, sono solo le ombre colorate, quando – a stento – il colore riesce a sottrarsi per un istante al grande gorgo che lo risucchia sullo sfondo. C’è un afflato panteistico… ma è rivolto al di là, dall’altra parte della tela. C’é, infine, il senso di sospensione dell’immagine di Rothko… ma è un’illusione: qui è solo sabbia e polvere, incrostate e sbattute dal vento sul finestrino. Eppure, quella di Vittoria Arena è una pittura felice, perché ci invita ad abbassarlo, quel finestrino; e sentire finalmente l’odore, il profumo, il vento, la pioggia e il sole, che emergono da una natura di nuovo originaria.
Marco Marinacci
In un attimo la nostra vita può cambiare, trasformarsi per sempre, senza che sia possibile intervenire per modificare il percorso: così è anche la creatività, il sentire in un modo oppure in un altro le emozioni che trasmettono linee, colori, gesti. La pittura di Vittoria Arena vive di pulsioni subitanee, istintive e, sul fondo lavorato, cromaticamente complesso, esplode all'improvviso una colata di lava rossa viva, che tutto copre e nasconde, lasciando intravvedere quel che è stato, ma solo per un istante ancora. Nella raffigurazione simbolica di Arena, l’arte è quindi elemento fondante dell’esistenza, vivo e pulsante.
Guido Folco
Pittrice che si distingue dal panorama odierno di chi vuole apparire e meravigliare con soluzioni gratuite è già fatte in ogni direzione. Il suo esprimersi è di una purezza che maggiormente conquista quando si ha la fortuna di poterla conoscere. Fragile, pura, sincera e con un trasporto per quanto esegue pari a una fanciulla al primo amore. Figurativa, è all’apparenza astratta, delinea decisamente i contorni di ciò che raffigura ed emoziona nel rappresentare non superficialmente i suoi lavori.”
Domenico Masotti
Ridefinisce, in modo del tutto personale, il valore del segno. Rifuggendo convenzioni e schemi dei più svariati accademismi contemporanei e rileggendo in chiave moderna le tecniche di pittura più tradizionali, ella raggiunge esiti eccellenti di poetica rappresentatività. Visioni e forme del nostro inconscio, della nostra memoria, riemergono dall’abisso per offrirsi, sul supporto, in soluzioni figurali originali e insolite. Enigmatiche figure di estrema sintesi formale richiamano alla mente sogni, flash-back, ricordi. Riflessioni sull’identità umana in cui, il senso d’irrealtà che ne scaturisce, trasforma i il momento narrato in scena di vita trasfigurata dal sogno, dal ricordo. Come nei ricordi infatti, tutto è reale ma sospeso, sbiadito, come se quelle scene, così rarefatte nella mente, non appartenessero più neppure ai soggetti narrati. Poche tracce “segnaletiche” formano un’ombra umana ormai cristallizzata, fossilizzata sulla tela di un’artista capace di evocare con forza, più che di narrare con fare asettico in un gesto di mimesi della realtà circostante.
Caterina Randazzo
La pittrice nasce a Messina e vive da tempo a Milano. La sua passione per l’arte si manifesta da molto presto e proprio a Milano completa il suo cammino artistico seguendo corsi appropriati di alto livello. Guardando le sue opere si può notare come sussistano la sperimentazione di tecniche innovative e campiture coloristiche che richiamano un’intensa espressione dell’animo. Tra i tratti figurativi e apparentemente informali di Vittoria Arena si possono notare scene che richiamano sentimenti armonici, emozioni e di frequente si avverte il desiderio della pittrice di trasmettere un personale “canto lirico” artistico udibile dal pubblico. Nasce così un insieme di opere che stabilisce un perpetuto dialogo tra la tela e il fruitore, creando riflessioni sorprendenti. Una “melodia” pittorica è presente in ogni suo quadro e spesso si avverte una “liberazione” dell’animo di Arena, volta a creare un’eleganza nei suoi tratti e un mondo colmo di espressioni che si animano di continuo. S’intravedono orizzonti infiniti, scenari comunicativi che rivelano atmosfere dense di una ricercata purezza, virtuosismi richiamanti una sensibile “spiritualità”. La gamma coloristica è scelta con accuratezza e ciò che sorprende è il “trionfo” di giochi di luce presenti in ognisingolo colore: Vittoria Arena crea un’elaborazione personale delle varie tonalità e sussiste un equilibrio tra immagini più figurative ed altre più informali. Non c’è una tematica preferita dall’artista ma ciò che si prova guardando le sue opere è una sorta di rinnovamento dell’animo: sussistono infatti scene “stratificate” che richiamano significati ora più aderenti alla realtà, ora più allegorici. Il suo “io” artistico si arricchisce di continue meraviglie che sottolineano l’importanza di ogni singolo attimo di vita.
Silvia Ferrari